La parte finale dell'Ottocento fu un periodo di transizione per gli scacchi, dove accanto ai giocatori romantici del periodo precedente apparvero i primi giocatori moderni, che iniziavano a distaccarsi dallo stile di gioco spericolato finora imperante. Comunque ancora per lungo tempo i maggiori tornei dell'epoca vennero vinti da giocatori essenzialmente tattici come gli inglesi Joseph Henry Blackburne (1842 - 1924, foto a lato), soprannominato The Black Death ("la Morte nera") per il suo stile letale di gioco, che vinse i tornei di Berlino (1881), Hereford (1885) e Bradford (1888), e Amos Burn (1848 - 1925), che sgominò i suoi avversari ai tornei di Londra (1886), Amsterdam (1889) e Colonia (1898).
Ma nel 1889 il torneo di Breslavia venne vinto da Siegbert Tarrasch (1862 - 1934), giocatore tedesco che si discostava dalla tipica figura dello scacchista romantico. Notevole teorico, egli si fece propugnatore di un innovativo metodo di gioco, detto "posizionale", che riprendeva molti dei nuovi concetti espressi dal gioco di Morphy, cioè il rapido sviluppo dei pezzi nella fase iniziale della partita e principalmente il dominio del centro della scacchiera. Con questo suo metodo vinse numerosi tornei, fra cui quello di Manchester (1890), Dresda (1892), Lipsia (1894), Vienna (1898), Montecarlo (1903) e quello prima citato di Breslavia, nel 1889. Ma una grande vittoria la conseguì anche al grande Torneo di Ostenda del 1907, dimostrando la validità del suo stile scacchistico. Se si può rimproverare qualcosa a questo grande giocatore è una certa tendenza alla dogmaticità, per la quale non amava mettere in discussione i principi base del suo sistema di gioco.
Il maggiore giocatore della fine dell'Ottocento fu comunque l'austriaco Wilhelm Steinitz (1836 - 1900). Nato a Praga, abbandonò presto gli studi di ingegneria per dedicarsi esclusivamente al gioco. Steinitz fu il primo vero professionista degli scacchi, partecipò e vinse a numerosi tornei (fra cui ricordiamo per brevità solo quello di Londra del 1872 e quelli di Vienna degli anni 1873 e 1882), diresse per vari anni la prestigiosa rivista scacchistica The International Chess Magazine, ma eccelse soprattutto negli incontri individuali, durante i quali la sua straordinaria tenacia e la sua incrollabile forza psicologica costituivano un grosso vantaggio sugli avversari.
Degli oltre trenta match che lo videro partecipante ne perse solo due, battendo giocatori di altissimo livello quali Bird, Blackburne, Gunsberg, l'italiano Dubois, Cigorin, Schiffers, Mackenzie, Sellman, Martinez, Zukertort ed anche il grande Anderssen. Con la vittoria su Anderssen, avvenuta a Londra nel 1866 con il punteggio di 8 a 3 (+7, =2, -2), Steinitz si assegnò ufficialmente il titolo di "Campione del Mondo" e lo detenne ininterrottamente fino a quando trovò sulla sua strada colui che lo sconfisse nel 1894 e nel 1896 negli unici due match persi: Lasker.
Steinitz, se nel periodo giovanile seguì principalmente lo stile di gioco romantico di quell'epoca, negli anni della maturità si rese conto che la nuova scuola posizionale di Tarrasch propugnava concetti e strategie di gioco effettivamente molto validi, quindi non esitò a farli propri. Invece di cercare sulla scacchiera a tutti i costi la combinazione forzata e la conclusione spettacolare della partita, Steinitz puntava spesso ad una lunga guerra posizionale, logorando il suo avversario poco a poco, e nel finale di partita adoperava con maestria tutti i pezzi a sua disposizione, compreso il Re, per conseguire la vittoria. Steinitz, emigrato negli USA e cittadino americano dal 1888, morì a New York, colpito da una malattia mentale, prima di riuscire a vedere il nuovo secolo.
Sul piano teorico i maggiori progressi in questo periodo storico vennero registrati nel campo del finale di partita, dove le posizioni con pochi pezzi sulla scacchiera iniziarono ad essere studiate con puntigliosità scientifica, e sulla fase iniziale del gioco, l'apertura.
Oltre al già citato B. Horwitz, che pubblicò sulla teoria del finale l'importante trattato Chess Studies and Endgames, deve necessariamente essere menzionato quella che fu la bibbia degli scacchisti di quegli anni, l'Handbuch des Schachspiels dei tedeschi Paul von Bilguer (1815 - 1840, immagine a lato) e Tassilo von Heydebrand und der Lasa (1818 - 1899), che fu pubblicata in prima edizione nel 1843. In questo fondamentale manuale il gioco veniva esaminato in ogni sua fase con una metodicità ragguardevole ancor oggi.
Notevoli progressi vennero compiuti pure nel campo della ricerca storica. Fra i maggiori ricercatori dell'epoca vanno ricordati il professore olandese Antonius Van der Linde (1833 - 1897), lo scozzese Duncan Forbes (1798 - 1868) e lo stesso von der Lasa, che analizzarono sia il problema delle origini del gioco, sia l'influsso che esso ebbe nella letteratura e nelle altre arti.